Tutto bene Signore?. No, per niente. Una storia di mancanza di qualità del servizio al ristorante

Ci riempiamo la bocca sulla necessità di offrire un’esperienza memorabile al cliente, ma troppo spesso non siamo nemmeno capaci di fare il minimo indispensabile per offrire almeno una qualità del servizio accettabile

qualità del servizio

La storia che ti sto per raccontare riguarda la qualità del servizio al ristorante, e l’ho vissuta direttamente, in prima persona, da semplice cliente. Ma è una delle tante che i clienti vivono tutti i giorni, e una delle troppe che tu e i tuoi colleghi ignorate perchè purtroppo non gli date importanza.

La storia che ti sto per raccontare è una storia di approssimazione, di disinteresse verso l’ospite e di miopia imprenditoriale che ti deve far riflettere, e che devi tenere in grande considerazione ogni volta che ti stai relazionando con un cliente del tuo albergo, ristorante o impresa turistica.

Prima della dichiarazione di zona arancione dell’Emilia Romagna vado a pranzo con un importante cliente romano in un ristorante di Rimini. Abbiamo poco tempo perché abbiamo appena concluso un incontro dove si discuteva di un progetto alberghiero che vuole sviluppare a Latina, e deve tornare velocemente a Roma. Dopo aver dato una veloce occhiata al menù ordiniamo due primi. Che dopo 20 minuti non ci sono stati ancora serviti. 

A questo punto chiedo per la seconda volta (molto educatamente) al cameriere a che punto è il nostro ordine. E lui, con l’aria abbastanza scocciata di chi sente disturbato senza motivo, mi risponde: <<Adesso i vostri piatti arrivano>>. Io comincio ad innervosirmi non tanto per il ritardo, ma soprattutto per l’atteggiamento di superficialità, al punto da farmi chiedere se aveva capito che eravamo due clienti e non due persone passate di lì per chiedere l’elemosina. Ovviamente con tutto rispetto per chi ha questa triste necessità. 

Dopo qualche minuto arrivano i nostri primi. Quasi freddi. Lo faccio presente al cameriere, lui sfiora con un dito il bordo del mio piatto, e sempre con l’aria scocciata mi risponde: <<Non mi sembra proprio, ma se vuole glieli metto un attimo nel microonde>>. 

Io, quasi incredulo, gli rispondo: <<Come è possibile che siano già quasi freddi se sono appena usciti dalla cucina? E comunque non ci piace il cibo riscaldato>>. Mi sento preso in giro, e l’istinto è quello di alzarmi, mandarlo al diavolo, e andarmene in un altro ristorante. Ti dico la verità: se fossi stato da solo è esattamente quello che avrei fatto. E con un’aria abbastanza distaccata il cameriere riesce solo a dire <<Mi dispiace Signore, ma non è colpa mia>>.

Scambio uno sguardo con il mio cliente, che ha un’espressione abbastanza sbigottita, ma lasciamo cadere la cosa e consumiamo velocemente i nostri piatti. E poi, senza aspettare che il cameriere torni per chiederci se volevamo mangiare qualcos’altro, mi dirigo verso la cassa per pagare, dove trovo quello che immagino essere stato il proprietario. Mentre mi prepara il conto, senza alzare lo sguardo e con una litania disinteressata, mi chiede: <<Tutto bene Signore?>>.

Io prendo la palla al balzo e gli rispondo, con tono molto secco: <<Veramente è andato tutto male. Abbiamo aspettato più di venti minuti per i piatti di pasta che abbiamo ordinato, e ci sono stati serviti praticamente freddi. E poi il suo collaboratore non è stato molto educato quando gli ho chiesto a che punto era il nostro ordine, e poi quando gli ho fatto notare che i piatti sono arrivati freddi>>.

E lui, con un sorriso che ho interpretato come ironico, tipico di chi pensa che il mio reclamo sia solo un tentativo di ottenere uno sconto, e concentrato sullo strisciare la mia carta di credito nel POS, mi risponde: <<Mi spiace Signore, le posso offrire un caffè o un digestivo?>>. Io ribatto: <<No, grazie, siamo venuti qui per pranzare, non per un caffè>>. Prendo la ricevuta del pagamento (perché i due piatti freddi che dovevano essere caldi, li ho pagati), e mi avvio verso l’uscita senza salutare.

Sulla soglia, riecco apparire il cameriere. Che altrettanto distrattamente, e usando la frase che gli è stato insegnato a ripetere “perchè si deve dire”, mi chiede: <<Tutto bene Signore?>>. Non gli rispondo nemmeno, perchè a questo punto ho la sensazione di essere protagonista di una candid camera, e imbocco per la prima e ultima volta l’uscita. Perché di una cosa sono sicuro: in questo ristorante io non ci tornerò mai più.

E ci tento a dirti una cosa: in questo contesto non faccio il nome del ristorante perchè sono un professionista, ma ti assicuro che questa storia (con nomi e cognomi), proprio come la sto raccontando a te l’ho già raccontata a decine di persone, e sicuramente la racconterò a molte altre.

La morale della favola

Ecco cos’è successo secondo me. Probabilmente c’è stato un problema di comunicazione tra la cucina e la sala, quindi con il cameriere. E i nostri piatti pronti in cucina non ci sono stati serviti subito dal cameriere per disattenzione da parte sua. Ecco perché sono arrivati freddi.

E lo sai perché il cameriere quando gli ho fatto notare che i piatti sono arrivati freddi non ci ha proposto di rifarci fare i piatti? Posso azzardare questa ipotesi: magari perchè si è confrontato con il proprietario che gli ha detto che non eravamo di lì per cui comunque non saremmo più tornati. Io infatti sono milanese di origine e il mio accento lo fà intuire, anche se da anni vivo a Rimini, e come ti ho detto il mio cliente è di Roma, e tradisce un marcato accento che non fa dubitare della sua provenienza.

E questo spiega anche l’atteggiamento poco sorpreso e troppo “easy” del proprietario quando mi sono lamentato al momento di pagare. Non ha fatto una piega, come se se lo aspettasse. Proprietario questo che non ha nemmeno lontanamente dimostrato di avere l’idea di cosa vuol dire vendere, ma ancora prima che non ha nessuna idea di cosa vuol dire accogliere e lavorare per offrire qualità.

Alcuni spunti per la corretta gestione della qualità del servizio

  • Un cliente che non ha avuto esattamente quello che ha acquistato non deve pagare. E se io fossi stato in una situazione diversa, magari insieme agli amici o alla mia famiglia, non avrei pagato. Ma ero in compagnia di un cliente, e non ho ritenuto opportuno fare troppo casino. Lo sconto non basta, l’offerta di un caffè non basta, se non ricevo integralmente quello che acquisto e se non lo posso fruire in modo normale, non lo voglio e non lo devo pagare. Ti sembro esagerato? Immagina se hai comprato una macchina nuova e questa ti è consegnata senza volante: ti accontenti forse di una “scusa” o di uno sconto? Allo stesso modo i primi che abbiamo ordinato dovevano essere consumati caldi, non semifreddi come li abbiamo consumati. Erano due carbonare, mica due insalate di riso!
  • Il cliente che si lamenta per un disservizio è un un’ospite che deve essere ringraziato sinceramente. Ti rendi conto che con la mia lamentela ho dato la concreta opportunità al proprietario di “salvare” la mia esperienza nel suo ristorante, e di continuare a ad avermi come cliente. Perché era sufficiente che mi avesse chiesto scusa in modo sincero, o quanto meno credibile. Tutti possiamo sbagliare, diamine, ma quello i clienti non perdonano (ed è giusto che non lo perdonino) è il menefreghismo e la mancanza di rispetto. Ecco il concetto chiave: il rispetto. Devi rispettare il tuo cliente, prima che come cliente come persona che ha deciso di darti fiducia, e che tu con la tua approssimazione stai deludendo.
  • L’ospite insoddisfatto deve essere risarcito. Se un cliente si lamenta per aver effettivamente ricevuto un disservizio, non solo non devi fargli pagare quel servizio, ma devi concedere loro una forma di risarcimento per il danno subito, diretto e indiretto che sia. Nella storia che ti ho raccontato, non solo il mio cliente romano e io non abbiamo avuto quello che abbiamo ordinato nella forma in cui lo dovevamo ricevere, e che per questo non dovevo pagare. Ma in aggiunta io ho fatto anche una brutta figura con il mio cliente, che sicuramente avrà pensato: <<Dove c**** mi ha portato a mangiare questo?>>. Quindi: cosa avrebbe dovuto fare il ristoratore? Sicuramente avrebbe dovuto quanto meno invitarmi a ritornare nel suo ristorante in un’altra occasione, a sue spese, per dimostrarmi che quello che è successo è stata una situazione eccezionale, e che la qualità del ristorante è ben diversa da quella che (purtroppo) ho provato in quella specifica occasione.
  • Occorre essere empatici, che significa avere la sensibilità adeguata per capire la situazione nella quale si trovano le persone e quello che provano. E quindi anche i tuoi ospiti. Si dice che l’empatia è la capacità di mettersi nei panni degli altri, di comprenderne le loro sensazioni e le loro emozioni. Quindi, prima di innervosirti o scocciarti quanto il cliente è nervoso o scocciato, cerca di comprendere, di sentire le ragioni di questo stato d’animo, e chiediti come ti saresti comportato tu se ti fossi trovato nella specifica situazione. E a questo punto risponditi, ma nel farlo cerca di essere sincero con te stesso! Se non riesci ad essere empatico è meglio che cambi lavoro. Punto! Te lo dico sinceramente, senza offesa, perchè questo è l’ABC della qualità del servizio. E da qui non si scappa!

© Federico Belloni (tutti i diritti riservati)

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *